SARACCHE * Salvate il soldato Lele, patrono di Veline e (rin)tronisti
Guido Genovesi, ex del Grande Fratello, affronta per noi il caso del momento: Mora-Corona e Vallettopoli. "Perché infierire?"
Guido Genovesi per VipLine
Guido Genovesi, ex del Grande Fratello, affronta per noi il caso del momento: Mora-Corona e Vallettopoli. "Perché infierire?"
Guido Genovesi per VipLine
Mi dispiace molto che la giustizia italiana continui a infangare l’onore di rispettabilissimi personaggi come Lele Mora e Fabrizio Corona. Ma soprattutto che continui ad usare una terminologia subdola e falsa. Cos’è questa invenzione dei fotoricatti? Fabrizio Corona non ricatta assolutamente i vip, ma li tutela. Mettiamo che uno dei suoi paparazzi fotografa casualmente un vip e Corona si ritrova tra le mani delle foto compromettenti. Cosa fa? Ovviamente, in ottemperanza alla sua etica professionale, sente rigorosamente il dovere di avvertire il vip interessato. “Salve, vip, siccome non vorrei che questa foto finisse su qualche rivista di gossip, con il rischio di compromettere la sua immagine, mi sento rigorosamente in dovere di tutelarla, ovvero, se gentilmente mi sgancia cinque, dieci, ventimila euro, io le assicurare di non pubblicare niente”. Insomma, un chiaro intento di tutela e non di ricatto. Anzi, semmai vorrei cogliere l’occasione per sottolineare l’importanza di questa nuova figura di tutor.Ma ciò che vi è di più increscioso è che in questo scandalo sia coinvolta anche quella personcina immacolata che è Lele Mora. Perché ancora una volta infangare il suo nome? È già successo negli anni passati.
Nell’ottantanove Lele fu coinvolto in una storia di droga: lui, che ha affermato di odiare il fumo e che ha cacciato vari cavalli dalla sua scuderia perché fumavano gli spinelli. Nel novantasei, poi, fu implicato in una truffa immobiliare. E infine nel duemila le oscure forze del destino si accanirono ancora contro di lui per evasione fiscale: i maligni dissero cinque miliardi di lire, e invece era appena un miliardo e ottocento milioni.Perché infierire su Lele il magnifico? Questo mecenate delle arti e della cultura, questo Richelieu dello star-system televisivo, questo magnate dello spettacolo, questo protettore delle veline e dei (rin)tronisti.Un uomo che spazia a trecentosessanta gradi nel campo delle arti e su scala internazionale.
Possiede una società in Lussemburgo e una nelle Isole Vergini; ha interessi comuni ad altri insigni umanisti, quali Flavio Briatore e l’onorevolessa Santanché. Ha addirittura una società con Andrea Carboni, figlio di quel Flavio Carboni legato ad un’altra famosa associazione culturale e umanistica, se non sbaglio si chiamava P2.Una vita all’insegna dell’arte e del mecenatismo, quella di Lele Mora, come testimonia la sua casa di produzione cinematografica. Vale la pena ricordare i suoi film: “Troppo belli”, con Costantino Vitagliano e Daniele Interrante, alla cui prima, che fu anche l’ultima, erano presenti sei spettatori. Un film il cui ermetismo non fu pienamente recepito dalla critica.
Certamente verrà rivalutato negli anni. È di un anno fa, poi, la produzione, costo due milioni di euro, di “Vita Smeralda”, per la superba e magistrale regia di Jerry Calà. Il film, che segna oltretutto l’approdo di Calà al neorealismo, è un’inchiesta sulle dure condizioni di vita dei vip in Costa Smeralda. Un film crudo che scava a fondo nelle piaghe di questa terra maledetta, un film di forte denuncia sociale.Che dire? che ancora una volta siamo di fronte alla solita inchiesta della magistratura rossa contro un tutore dell’immagine e contro un paladino della libertà, contro dei promotori dello sviluppo economico, sociale ed artistico. E che l’unico scopo dell’arrembante P.M. Woodcock è solo quello di finire anch’egli nelle figurine del prestigioso album di Lele Mora.
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