venerdì 21 marzo 2008

pizzodicalabria




Il culmine del triduo pasquale è il Venerdì Santo, il giorno del lutto dei lutti. La Santa Messa “in morte Domini”, detta anche “missa paccia” (messa pazza) o “missa ‘a storta” (messa al contrario), è la più toccante e solenne della Settimana Santa, pur mancando del momento della Consacrazione; infatti per la comunione si utilizzano le Ostie consacrate il Giovedì Santo. La funzione inizia nel più mesto silenzio con il sacerdote che si prostra totalmente in adorazione al Santissimo. Durante la prima parte della celebrazione c’è anche l’adorazione della Santissima Croce, portata dai marinai. Un tempo quando il sacerdote, durante la Passione, pronunziava la commovente frase: “E chinato il capo, spirò”, i ragazzi e giovanotti simulavano “u terramotu”, sbattendo i piedi sugli inginocchiatoi, sulle sedie e soprattutto sugli assi di legno che provocavano un terribile frastuono. Il rumore era davvero impressionante tanto da incutere paura. Nella seconda parte della Santa Messa, dopo il rito della comunione, inizia la “predica di Passione” con le “sette parole” che corrispondono ai principali momenti della Passione di Cristo. Le prediche sono intervallate da bellissimi ed antichissimi canti, davvero commoventi e carichi di emozioni. Il momento più commovente e più mesto è “la chiamata della Madonna Addolorata”. Il padre predicatore “chiama” sette volte la Madonna, attendendola sull’altare col crocefisso in mano e pronunciando frasi del tipo: “Vieni Maria”. La Madonna, accompagnata a spalla dai marinai, attraversa lentamente la navata centrale della chiesa e giunta all’altare maggiore, il sacerdote le consegna, simbolicamente, il Figlio morto. Il Canto finale “Gesù Morì” sottolinea la grande drammaticità del momento in cui la Madre vede suo Figlio morto.Finita la celebrazione del venerdì Santo è il momento dell’Affrundata. In una piazza gremita all’inverosimile, la gente attende il tristissimo incontro di San Giovanni che annuncia, a Maria, la morte del Figlio e quindi la salita al Calvario. L’attesa spesso è snervante per il protrarsi delle prediche di passione, ma il terrificante rullo del tamburo annuncia l’arrivo della processione. Il momento è arrivato e lo si avverte a pelle, la Madonna intanto raggiunge il centro della piazza. A questo punto la gente comincia a scrutare il corso Garibaldi per cercare di intravedere la statua di San Giovanni, che,trasportata a spalla da quattro giovanotti ( per tradizione artigiani, tappezzieri, muratori e falegnami), attraversa di corsa la piazza fino all’incontro con Maria per comunicarLe la morte del Figlio.Finita l’Affrundata, i fedeli accompagnano, in una chilometrica processione, la Madonna e San Giovanni alla Chiesa di San Sebastiano. Caratteristici ed antichissimi sono i canti che intonano gruppetti di fedeli in processione. Un tempo fra questi gruppi di fedeli, il più delle volte improvvisati cantanti, nascevano delle vere e proprie sfide. Raggiunta la chiesa di San Sebastiano si conclude la prima processione del Triduo Sacro. La gente soddisfatta e mai paga di questi riti e tradizioni affolla la piazza salotto di Pizzo, pensando già alla grande processione del Sabato Santo. Intanto nella chiesa di San Sebastiano, i confratelli del Nome SS. Di Maria, sono già al lavoro per preparare le statue della passione di Cristo lungo la navata della chiesa e per addobbare con garofani, rigorosamente rossi, la Vara del Cristo morto.

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